Politica

La caduta recente di un regime: Bucarest

Ceauseascu è conosciuto come uno dei dittatori più sanguinari e spietati che la storia recente del mondo ricordi. Tutto questo è particolarmente evidente in quella che era la capitale del “suo impero”: Bucarest.
Nonostante infatti siano passati quasi 20 anni da quando, il 21 dicembre 1989, spronati dalla appena avvenuta caduta del muro di Berlino, gli studenti rumeni si ribellarono al loro dittatore, in quella poi ribattezzata Piazza della Rivoluzione, i segni del regime di Ceauseascu sono ancora evidenti.
Su tutti spicca certamente l’immenso ed allo stesso tempo imperdibile Parlamento che fece costruire, secondo palazzo più grande del mondo dopo il Pentagono, che avrebbe dovuto sovrastare Boulevard Unirii, ideata appositamente sull’esempio degli Champs Elisée parigini, ma purché di un metro più lunga.
Non è chiaro se la lunghezza attuale rispecchi esattamente quella inizialmente prevista, certo è che non fu un problema per Ceauseascu far radere al suolo un sesto di Bucarest per inseguire il suo desiderio. La conseguenza di tutto ciò fu lo spostamento in piccoli appartamenti popolari delle persone che abitavano nelle case ivi presenti, le quali si ritrovarono costrette molto spesso ad abbandonare i propri animali domestici: da qui i circa 100.000 cani randagi di Bucarest presenti per ogni dove, o, per dirla come i rumeni, i circa 100.000 “cani di quartiere”.
Sembra poi di essere immersi in 1984 di George Orwell di fronte alla Casa della Stampa libera, altro immenso palazzo bianco, sovrastante i parchi a nord di Bucarest, e anche questo costruito sotto Ceauseascu con l’idea di accorpare tutti le sedi dei giornali del Paese in un unico stabile: la sensazione che si prova innanzi a quest’altro edificio è la stessa della celeberrima frase “il grande fratello ti guarda”.
Fa un certo effetto d’altronde passeggiare per questa contraddittoria Capitale, tra veri e propri crateri in mezzo a piste ciclabili, splendidi edifici dell’ottocento, mostruosi palazzoni popolari e particolarissime chiese cattoliche ortodosse.
Bucarest è infatti singolare da subito, dall’arrivo all’aeroporto, dove continui lavori architettonici cercano, al momento senza riuscirvi, di dargli una connotazione da Europa occidentale, ma dove invece i manti stradali non fatti, i marciapiedi inesistenti e la polizia stradale a dirigere il traffico in modo opinabile, al posto di semafori costantemente rotti, ricordano forse maggiormente alcune città indiane.
Può sembrare quindi una boutade affermare che il Museo del contadino rumeno sia assolutamente da visitare, però è proprio così… è questo infatti uno splendido esempio di installazione museale dal sapore bucolico, che non stupisce sapere essere stato premiato nel 1996 come miglior museo d’Europa.
Così come, abituati come siamo da italiani a mal considerare i cittadini dell’est Europa ed in particolare i rumeni, può sembrare irrealistico affermare che questa città dia l’impressione di essere sicura, un po’ degradata certo, ma non più problematica di molte zone di Roma o di Milano e dove è assolutamente possibile girare in modo tranquillo a piedi o in autobus. Anzi, saremo forse noi a disturbare ed infastidire, con le nostre facce perplesse ed inizialmente dubbiose, gli abitanti del posto, tanto discreti quanto gentili.
L’unica cosa di cui certamente sentiremo la mancanza è invece il buon cibo, tanto difficile da trovare, quanto poco vario, tra zuppe indecifrabili, carni aromatizzate almeno quanto pesanti e menù inutili: la metà delle cose scritte lì sopra infatti i locali non la avranno.
Vedendola ora, insomma, è bizzarro immaginare che nei primi anni del 1900 Bucarest fosse considerata la Parigi dell’Est: oggi è un misto di occidente, oriente e sud del mondo, simile solo a sé stessa, ed questo è uno dei motivi per cui merita trascorrervi qualche giorno.
L’altro è capire, o cercare di farlo, forse ancora meglio che a Berlino, cosa significhi vivere sotto un regime.

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