Politica

Fini non può fuggire da una destra che gli appartiene

“L’ideologia malgrado tutto credo ancora che ci sia, è la passione, l’ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa”. Anno 1994. Uscì ‘Cos’è la Destra, cos’è la Sinistra’, canzone di Gaber nel periodo manipulite, un genere tragicomico dal retrogusto allo humor anglosassone.
In quegli anni il Signor G seppe descrivere con abilità popolare una realtà ideologica offuscata solo apparentemente dagli eventi del periodo. L‘irrefrenabile bisogno, tipicamente italiano, di rientrare in una categoria rassicurante e popolata ci ha portato a fare del consumismo e dei suoi oggetti l’alter-ego delle complicate teorie accademiche sullo schieramento politico. Siamo arrivati ad esprimere la diversità con l’abbigliamento, le vacanze, i quartieri, le squadre, il lavoro, i libri e le librerie, l’arredamento e la natura, e ogni altra attività socio-culturale. In questo modo sono nate le macro differenze: il tempo è diventato di destra o di sinistra, a seconda del carattere conservativo o progressivo; lo spazio, inteso come la posizione politica degli uomini nello spaziosociale, subisce l’antitesi tra uguaglianza e gerarchia; il soggetto, insignito del potere decisionale, segue il principio di autodirezione se è di destra, mentre se è di sinistra diventa eterodirezionale nelle scelte; soprattutto le funzioni sociali diventano di destra quando parliamo di elites oligarghiche e diventano di sinistra quando si parla di classi subalterne. Raggiungiamo il paradosso nel momento in cui l’acquisizione della conoscenza subisce la stessa spartizione politica: se sei razionale-progressivo sei di sinistra, ma se segui il sapere attraverso il simbolo e la metafora, se vivi d’istinto e d’intuizione e dedichi alla religione un’attenzione agostiniana, allora sei inequivocabilmente di destra.
Oggi, pensare a queste differenze nasconde sentimenti di austerità e rigore, degni di un carattere maturo solo per i festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia, ma ci rende consapevoli del lungo percorso compiuto dalla ‘differenza’ , mentre è sempre più lampante l’inattualità di queste antitesi alla luce di un percorso dialettico ed empirico lontano dalle teorie. Alla conta dei giochi però sfugge quel qualcosa che potrebbe ribaltare i ruoli assunti da ex An ‘lealisti’ ed ex An ‘migratori’. Tra Fini e La Russa, i due antagonisti del vecchio partito di Almirante, chi è il vero uomo di destra? Gianfranco Fini.
Tra l’uguaglianza e la gerarchia, Fini preferisce essere un ‘uomo gerarchico’, non a causa di un carattere politico di tipo autoritario o dispotico, piuttosto per il suo senso di gerarchia che nasce dal concetto a lui familiare di militanza. Ulteriore dimostrazione è stata la decisione di fusione con il partito berlusconiano e le successive reazioni degli uomini locali del suo vecchio partito. Fini disse sì alla fusione nel Pdl in accordo con i pochi colonnelli al vertice, compreso l’ex amico e allora suo sottoposto Ignazio La Russa e intanto la base si adeguò nel rispetto del suo leader.
Nelle scelte importanti è un uomo autodirezionale. Il ruolo di Presidente della Camera raffigura a pieno la sua ingombranza. Lo scorso aprile durante il congresso nazionale del Pdl in Via della (mancata) Conciliazione si è dimostrato un uomo potente nella sua solitudine, in grado di non dover scegliere in accordo con gli altri, ma di vendersi ‘in piazza’ per mettere gli altri di fronte al fatto compiuto e alla scelta. A differenza sua, La Russa ha forte carisma sul territorio e ampia autonomia, ma a livello nazionale ‘non si muove foglia che Berlusconi non voglia’.
Nelle funzioni sociali Fini è l’uomo dell’oligarchia, rispettoso dei diritti umani, civili e sociali, ma pur sempre un oligarchico, soprattutto nelle scelte. Per La Russa vale il detto precedente.
Fini è un uomo razionale solo in apparenza, al contrario, in questi ultimi tempi ha dimostrato di essere un uomo ‘di pancia’, un condottiero che va in guerra con un numero esiguo di guerrieri per salvare l’onore di pochi a scapito della salvaguardia di molti. Così, anche quelle sue idee apparentemente progressiste e discontinue per il partito, si rivelano forme di conservatorismo politico per un ideale che solo inizialmente ha tentato di lasciare spazio a tentativi di bipolarismo (in fallimento).

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