Politica

La “fortuna” di D’Alema

In questo clima di “tangentopoli vintage”, Giampaolo Pansa su Libero di oggi ha enunciato il “metodo Occhetto” per affrontare gli scandali.
Il “baffo di ferro” spiegò infatti alla riunione del Pds della Provincia di Milano, nel ’92, che lui aveva sentito puzza di bruciato, ma non sapeva nulla delle tangenti.  E Pansa commentò: o è un’ingenuo, o è un bugiardo, in ogni caso si deve dimettere. In ogni caso, invece, il “metodo Occhetto” si rivelò vincente: il Pci-Pds fu l’unico partito, tra quelli che campeggiavano nella prima repubblica, a sopravvivere a quella rivoluzione che oggi, per chi non avesse voluto vederlo prima, si manifesta quantomai “falsa”, come la bollò Bettino Craxi.
Quindi Occhetto, e D’Alema, vinsero. Ma non perché fossero bugiardi ne tantomeno ingenui, ma perchè furono da una parte ipocriti, dall’altra “fortunati”. L’elemento che Pansa omette parlando del metodo Occhetto è quello più importante, perché egli fu soprattutto ipocrita. Non solo “non sapeva niente”, ma era praticamente sicuro che gli altri, soprattutto i socialisti di Bettino Craxi, fossero tutti ladri e tangentisti. Infatti, tra un non-sapevo e una rievocazione del purissimo Berlinguer, scappano anche le frasi che hanno incorniciato l’epoca giustizialista. D’Alema: “Grande è il merito della magistratura di aver disvelato e affondato il bisturi in questa cancrena, male della nostra democrazia”. Occhetto:”Partiti di governo e potere economico e finanziario erano stretti fra loro da un patto perverso. Si garantivano risorse al regime per tenerlo in piedi e bloccare ogni passaggio all’alternanza”. Questo per entrare nel guinnes dell’ipocrisia, ma per quello della fortuna, bisogna fare entrare sul ring il Procuratore D’Ambrosio, che, anche lui per caso, o per fortuna, è diventato Senatore per D’Alema. Dopo tutto il lavoro teso a rivoltare l’Italia come un calzino, nel ’94 la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto si apprestava ad andare alle elezioni senza opposizione. E D’Ambrosio dichiara:”Tangentopoli è finita”. Non solo, durante il Processo Enimont, i faccendieri di Gardini ammettono di aver consegnato denaro a tutti i partiti, fornendo anche i particolari. Dc e Psi sono alla sbarra, il Pds no. Forlani e Craxi vengono chiamati a testimoniare. Un cosiddetto “pentito” dichiara di aver portato a Botteghe Oscure una valigetta con due miliardi. Ne Occhetto, ne D’Alema devono chiarire niente, per “fortuna”. Ma a un certo punto scende in campo Berlusconi, e tocca al pezzo da novanta, il Procuratore Capo Borrelli, riaprire Tangentopoli, dopo che D’Ambrosio l’aveva frettolosamente chiusa. “Chi ha scheletri nell’armadio si guardi bene dal candidarsi, prima che arriviamo noi a scoprirli”. Il consiglio degli ayatollah di Milano aveva emesso la sua fatwa contro Berlusconi, per “fortuna” del neo-segretario del Pds, D’Alema. Che questa fortuna lo abbia abbandonato, ora che il suo uomo in Puglia, Frisullo, è stato arrestato? Probabilmente no, probabilmente è solo un modo per fargli capire quanto è stato “fortunato” e per ricordargli la vera ragione di sopravvivenza dei post-comunisti: garantire, in ogni modo, il partito dei giudici, anche dopo le elezioni, quando Berlusconi si appresterà, finalmente, a mettere mano al problema “giustizia”. Forse a D’Alema bisognerebbe ricordare ciò che disse la sua compagna Livia Turco: “A noi ci ha rovinato Craxi, che ci ha messo nella condizione di non poter criticare i giudici”. Che ora sia tutta colpa di Berlusconi?

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