Politica

Gli Sgobboni: intervista esclusiva allo “stratega” della Polverini

Luigi Di Gregorio, 34 anni. Professione: politicamente impegnato. Dirigente al Comune di Roma nel dipartimento di  comunicazione istituzionale, uomo fortemente voluto dal sindaco Gianni Alemanno dopo anni di lavoro fianco a  fianco come ghostwriter (compresi i programmi elettorali per le elezioni amministrative del 2006 e del 2008).
E’ coordinatore di ricerca a Farefuturo, collaboratore del magazine on-line della fondazione ed è tra i consiglieri under 40 scelti da Fini. E’ docente alla Luiss Guido Carli di Roma e all’Università di Viterbo, ma non perde occasione per mostrare le sue doti da politologo mostrandosi capace tanto davanti alle telecamere di Omnibus, quanto tra le pagine dei  suoi libri. L’ultima frontiera lavorativa l’ha raggiunta con le prossime regionali per il Lazio: è uno degli uomini più stimati nel team Polverini, tanto da guadagnarsi un posto di primo piano nel comitato elettorale firmato Augello come coordinatore per il programma elettorale.  
Luigi, dove vuoi arrivare?
Me lo chiedo in continuazione, anche in macchina venendo qui. Di certo tendo ad escludere quasi al 100% di fare il politico di professione; se fatto seriamente limita talmente tanto la tua vita privata da prenderne quasi il posto. Inoltre, trovo più divertente il ruolo di tecnico prestato alla politica. Le istituzioni in fondo mi stimolano e sono più “rilassanti” della politica pura: non escluderei un concorso pubblico da dirigente un giorno, ma ad oggi è un’ipotesi remota. Quello accademico l’ho già vinto, vedremo se avrò stimoli nuovi e diversi al punto da voler cambiare comparto.  
Certo, avere in mano un programma elettorale è una full immersion nell’amministrazione.
La mia full immersion nell’amministrazione da due anni è quotidiana. Quanto al programma comunque c’è da fare una puntualizzazione: non sono l’unico che ha lavorato per la stesura, anche se credo di aver svolto un ruolo importante. Con Renata abbiamo deciso che Augello ed io ci saremmo occupati di coordinare, valutare e selezionare le proposte provenienti dai partiti della coalizione, mentre il suo staff l’avrebbe seguita durante la campagna tra la gente e le Associazioni. 
Su quale punto del programma andate più fieri e dove ci sono state maggiori difficoltà?
I settori quali la sanità, le infrastrutture e i trasporti sono i temi su cui abbiamo lavorato meglio e il programma tiene molto bene. C’è anche il settore per la tutela della famiglia al quale Renata tiene particolarmente che vede, tra l’altro, un forte potenziamento dei progetti definanziati da Marrazzo, ma già attivi nella giunta Storace. Va ricordato che tutto viene calibrato su finanze certe.
Il punto più dolente è invece il settore ambientale e la sensibilità  civica: sia a destra che a sinistra manca una cultura di fondo sulla tematica. Non c’è ancora una presa di coscienza del rapporto virtuoso tra ambiente e sviluppo. In pratica non conosciamo una via di mezzo, ci limitiamo a scegliere due strade opposte: l’ambientalismo spinto o una sensibilità ambientale vicina allo zero. Serve virtuosismo per fuggire alle ideologie, perché non c’è in nessun libro di storia della politica che la tutela ambientale debba essere di sinistra.
Tre animali che descrivono meglio Fini, Alemanno e la Polverini.
Partiamo dalla Polverini: lei è il colibrì della politica, perché sa associare prontezza a un animo fresco e politicamente atipico. Alemanno è un rottweiler di razza, di quelli che non abbassano mai la guardia. Fini è il re della foresta: una pantera: elegante, astuta e sicura.
Ognuno di loro ha una caratteristica che li distingue dagli altri personaggi politici: secondo te quali sono?
La Polverini si distingue perché non è una politica di professione e questo la porta ad essere vista come la “vicina di casa”, aperta e ‘popolare’ nel senso migliore del termine. Alemanno è un grandissimo lavoratore, basta chiederlo a Tremonti quando durante il Berlusconi III veniva tenuto in studio fino a notte tarda per sbrogliare la legge finanziaria. E’ un uomo instancabile e molto generoso, vive la politica come una missione senza alcun risparmio di energie. Fini ha la caratteristica della lungimiranza politica. E’ un uomo che sa guardare oltre il presente. Basta pensare al caso Fiuggi o alla nascita del partito unitario nel centrodestra, anticipato da un suo documento di luglio 2006 in cui si suggeriva la fusione tra An e Forza Italia, prima del Predellino. 
Tu sei il tecnico più vicino a Fini nel tema dell’immigrazione: è veramente guerra intestina o solo guerra mediatica?
Opterei per la seconda. La maggior parte delle polemiche innescate dalle posizioni di Fini sull’immigrazione non erano contro il Pdl, ma contro le posizioni estreme della Lega. Però, per paura che l’alleato si ribellasse, subito c’è stata una diffusa posizione pro-lega. Quindi la guerra non è intestina, ma è un confronto tra idee politiche. Con i media la discussione diventa demagogica e si allontana dalle cose reali. Piuttosto bisogna riflettere su una cosa: Tasse e rappresentanza vanno a braccetto da secoli, ma ci devono ancora spiegare perché oggi un immigrato regolare residente in Italia da diversi anni non può votare, pur pagando le tasse, mentre l’elettore italiano all’estero gode di numerosi privilegi senza pagare un euro di contributi allo Stato italiano? Mi sembra un paradosso. 
Quanto è influente ancora la chiesa a Roma in materia di immigrazione?
La chiesa fugge l’immigrazione intesa come l’infiltrazione per un eventuale scontro di civiltà, ma nello stesso tempo è sempre molto attenta alla tutela della persona, come dimostrato dalle posizioni sui respingimenti o sui cosiddetti “medici spia” e “presidi spia” e come dimostrato quotidianamente dall’associazionismo cattolico e dal loro lavoro a tutela dei più deboli.
Fini e Alemanno: sono ai ferri corti?
Solo sui giornali.In realtà anche se, ad esempio, sull’immigrazione la pensano diversamente è costante il dialogo tra i due. Chi ci vuole vedere del male basta che guardi verso di me: fino a quando collaboro con entrambi sono la garanzia che i rapporti tra i due sono ottimi. Scherzi a parte, distinguerei il “posizionamento” reciproco molto stressato dai media, dalle posizioni reali di Fini e Alemanno che sono meno lontane di quel che sembra. 
In qualità  di politologo qual’è la differenza politica tra Berlusconi e Fini?
Berlusconi è ‘l’arcitaliano’. E’ tutto ciò che l’italiano medio vorrebbe essere: ricco, potente, astuto, brillante, di successo con le donne. Tutto ciò con ottime derivazioni politiche come l’abbassamento delle tasse, la libertà economica, la “politica del fare”.
La sua innata capacità di creare immediatezza con il popolo supporta la sua tesi a favore di un partito leggero. E’ eccezionale nel produrre consenso, ma questo è anche il suo limite perché lo costringe ad essere troppo conservatore nelle riforme al fine di rimanere in sintonia con la gente e non scardinare questo rapporto immediato. Purtroppo oggi gran parte della classe politica sconta questa simbiosi con il proprio “popolo” in termini di capacità strategica nel fare grosse riforme. Si arriva al paradosso in cui la classe dirigente viene trascinata dal popolo, diventando per certi versi “classe diretta”.
Fini è l’opposto, vuole una classe dirigente che sia davvero dirigente verso qualcosa, che sia avanguardista, e vuole immettere le giuste dosi di riformismo nella cultura di destra che è tendenzialmente conservatrice e statica. Bisogna guardare al caso Cameron e al Sarkozy che vinse le elezioni. Fini è per una destra coraggiosa, riformista e moderna. Occorre trovare il modo affinché uno dei due non sopperisca all’altro. 
Sempre da politologo: c’è il timore che si possa tornare ad elezioni anticipate nel Lazio?
Sì. Comunque vada sarà una vittoria dimezzata, mancheranno i consiglieri del primo partito nella prima Provincia del Lazio. Ci sono buone possibilità tecnico-giuridiche che potrebbero limitare la vittoria al punto da dover tornare presto alle urne: non dimentichiamo tra queste la conversione del decreto interpretativo e la pronuncia della Corte Costituzionale nel merito, dopo le elezioni. A ogni modo tra pochi giorni sapremo.
Farefuturo e Generazione Italia: un’evoluzione o un cambio di rotta?
Nessuno dei due.Ho trovato sorprendente quando alcuni giornalisti mi hanno chiamato chiedendomi se Farefuturo sarebbe stata limitata o addirittura sostituita da Generazione Italia, ma quello che è sfuggito anche agli addetti ai lavori è che la prima fa capo a Fini, mentre la nuova arrivata è una creatura di Bocchino. Anche in questo caso ci sono state solo strumentalizzazioni, senza capire che questo nuovo progetto è solo un altro laboratorio culturale, come molti ormai nel panorama politico del centrodestra.
A Roma si usano molto i soprannomi. Ce ne è qualcuno tra quelli dei politici romani che ti diverte di più?
A Ignazio La Russa va il nuovo sopranome di ‘Larissa’, a seguito dell’ultimo incontro-scontro con l’”incontinente” Carlomagno. Alemanno vanta parecchi soprannomi: dal classico Lupomanno ai nuovi Retromanno, Aledanno e così via. I più recenti sono d’origine Dagospia. Io non li condivido, ma li trovo simpatici e anche il Sindaco ne prende atto sempre sorridendo.  
Fini, Alemanno Polverini: quali uomini del passato sarebbero?
Sono, per ragioni diverse, tre rivoluzionari: Alemanno ha rivoluzionato la storia recente della Capitale, vincendo un’elezione storica a Roma. Polverini è stata la prima segretaria donna di un sindacato confederale e le auguro di essere la prima presidente donna della Regione Lazio. Fini sta provando a rivoluzionare la destra italiana, con una interessantissima elaborazione culturale e strategica sullo sfondo. 
Se Alemanno dovesse scegliere per la sua squadra un uomo di sinistra, chi sceglierebbe?
Bersani. Non il Bersani segretario del Pd, ma il Bersani in stile Ministro. Sono due avversari che si sono molto stimati reciprocamente. 
Puoi prevedere il tuo futuro e quello di Fini, Alemanno e Polverini: dove sarete tra 10 anni?
Posso solo augurare tutto il bene che posso a me e a loro.

Riguardo l'autore

vocealta