Politica

Né Bossi né Fini

Ci siamo. E’ arrivato, finalmente, il momento delle riforme. Si sono sprecate già troppe occasioni.
Una in particolare, che risale all’aggressione al premier dello scorso dicembre. Anche in quel caso ci sono state di mezzo le vacanze, utili per rigenerare le menti, stemperare gli animi e riflettere con più tranquillità sul futuro del Paese. Ma è stato, guarda caso, un fuoco di paglia. Dopo qualche scambio di cortesia prettamente natalizio, si è tornati, già a gennaio, sulle barricate. Complice l’imminente campagna  per le regionali e il presunto tramonto del berlusconismo.
Smentiti i gufi e portato a casa l’ottimo risultato, ora la maggioranza non ha più alibi. Le urne hanno di nuovo incoronato Silvio e legittimato il suo governo e i suoi programmi. La benedizione di Napolitano, poi, al tanto chiacchierato legittimo impedimento, sembra segnare l’inizio di una fase caratterizzata da tanta, relativa, serenità. Che le riforme abbiano inizio quindi. Adesso o mai più.
Sui giornali in queste ore si parla di cabine di regia e di guide. Da una parte il protagonismo della Lega, pronta a cavalcare l’onda dell’ottimo risultato elettorale e dall’altra i finiani, pronti invece a recuperare terreno e visibilità dopo la mancata caduta del Cavaliere. In mezzo ovviamente c’è lui, Berlusconi appunto, che come sempre deve fare bene il lavoro del leader. Ed è quindi obbligato a mediare e ad ascoltare educatamente le ragioni di tutti. Per poi agire di testa propria.
Non è affatto un gioco semplice, stavolta però il premier parte con un non trascurabile vantaggio sugli alleati. Perché da loro avanza un credito politico che non si può certo sottovalutare. Basta dare un’occhiata alle candidature delle recenti elezioni regionali, per capire che il leader del Pdl ha concesso molto sia a Bossi che a Fini. E oggi, giustamente, ha tutto il diritto e il dovere di prendere in mano la situazione e di dettare le regole. Frenando, contemporaneamente, gli entusiasmi leghisti e la voglia di riscatto degli uomini vicini al presidente della Camera.
Ai primi va tolto il monopolio ideologico sul federalismo, che non è verde e nemmeno azzurro. E’ semplicemente una grande riforma da realizzare in tempi brevi per modernizzare lo stato e azzerare gli sprechi. Ai secondi invece va in qualche modo ridotto lo spazio d’azione, dopo i già troppi grattacapi procurati negli ultimi mesi e le tante sentenze poi smentite dai fatti e dalle urne.
Inutile ribadirlo: tocca a Silvio Berlusconi, e a nessun altro, guidare con determinazione la tanto agognata svolta.

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