Politica

I pericoli della nave Mariam

Qualche settimana fa la vicenda della Freedom Flotilla aveva creato non pochi problemi nel precario e complesso risiko del Medio Oriente: deterioramento dei rapporti di parte della comunità internazionale e della Turchia con lo Stato di Israele e progressivo inasprimento delle prese di posizione dei principali attori nell’area.
Gli scontri avvenuti sulla nave Mavi Marmara, se considerati in relazione alle possibili conseguenze prettamente belliche, non hanno determinato fortunatamente nessuna conseguenza militare in virtù del fatto che le autorità turche non erano coinvolte direttamente nell’approntamento della flotta di pacifisti.
Inoltre va ricordato che la Turchia, pur attraversando un difficile momento sia per il prossimo referendum costituzionale di settembre che per gli interrogativi che circondano l’omicidio del Vescovo Padovese, resta pur sempre un paese della Nato.
Diverso potrebbe essere invece lo scenario che si sta profilando in queste ore con la possibile partenza di una nave libanese o peggio ancora iraniana diretta a Gaza.
Il Governo Israeliano infatti ha già annunciato che qualora navi di questi due stati dovessero tentare di forzare il blocco i Governi di Beirut e Tehran sarebbero ritenuti responsabili.
Da quanto è dato sapere il rischio che dal Libano possa partire una nave con a bordo donne cristiane e mussulmane ed aiuti umanitari per la popolazione di Gaza è reale.
Allo stesso tempo però alcune smentite delle autorità libanesi sembrerebbero limitare il rischio concreto di un’escalation di proporzioni imprevedibili.
Due giorni fa infatti sembrava che il Governo del Premier Hariri sostenesse l’iniziativa della nave “Mariam”, nome arabo di Maria, ma da quanto riportato questa mattina dal quotidiano israeliano Haretz, iniziano ad emergere le prese di posizione e i distinguo.
La coalizione 14 Marzo, attualmente al Governo in Libano, sembra dissociarsi da questa rischiosissima avventura ed anzi addirittura sembrerebbe che le stesse autorità libanesi non abbiano concesso l’ autorizzazione alla nave Mariam per salpare e dirigersi a Gaza.
È evidente a questo punto che l’eventuale partenza di questa nave per Gaza rappresenterebbe un’autentica bomba ad orologeria.
Da un lato infatti una possibile reazione israeliana, già in allarme da ore con le proprie forze navali, rischierebbe di accendere la miccia sul teatro libanese. Il Governo di Beirut infatti, che lo scorso dicembre ha riconosciuto ad Hezbollah il diritto di mantenere il proprio arsenale militare, si ritroverebbe coinvolto direttamente in guerra con lo Stato di Israele.
Tale situazione risulterebbe ancor più grave di quanto accaduto nel 2006, proprio perché se quattro anni fa le autorità libanesi potevano non ritenersi responsabili dell’operato del Partito di Dio, oggi, in virtù del riconoscimento del ruolo della resistenza di Hezbollah e della mancata volontà, frutto della paralisi politica dello paese dei cedri, di disarmare le milizie sciite, le proporzioni del conflitto e le conseguenze potrebbero essere differenti.
Inoltre si deve ricordare come anche all’interno della compagine governativa non tutte le forze politiche della coalizione siano state favorevoli al riconoscimento delle prerogative di Hezbollah, in particolar modo il partito cristiano maronita Forze libanesi guidato da Samir Geagea, che si è sempre opposto alla permanenza armata delle milizie sciite.
Lo stesso Partito di Dio però, non sappiamo con quanta sincerità, si dissocia da questa spedizione navale proprio perché è convinto che Israele posso prendere a pretesto il tentativo di forzare il blocco come pretesto per un attacco preventivo nel Sud del Libano.
In questa drammatica partita che si potrebbe giocare a bordo di una nave con il nome della Vergine Maria vi è poi la delicatissima posizione del contingente UNIFIL, disposto all’interno di un’area geografica controllata in larga parte dal Partito di Dio, che in caso di conflitto diventerebbe teatro delle operazioni militari israeliane.
 

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