Giustizia Quotidiana

Intercettazioni, rinviata l’applicazione della riforma Orlando

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Tradizionale giro di boa nelle attività parlamentari è il cosiddetto decreto “Milleproroghe”, utilizzato di solito dagli esecutivi per regolare le tempistiche di applicazione dei provvedimenti adottati dal Parlamento. Quest’anno tuttavia, visto il recente insediamento di un governo con idee fortemente opposte al precedente, l’esecutivo di Giuseppe Conte ha deciso di utilizzare già questo decreto per sterilizzare gli effetti di politiche appartenenti alla scorsa legislatura.

Prima fra le leggi a essere disapplicata con l’approvazione del decreto sarà quella sulle intercettazioni. I governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, infatti, avevano varato una riforma dello strumento probatorio che sarebbe entrata pienamente in vigore nei prossimi giorni. Gli esecutivi precedenti si erano occupati di introdurre norme più stringenti sulla pubblicazione delle intercettazioni, imponendo alla polizia giudiziaria un’attenta selezione atta a rilevare quali fossero i testi, in termini tecnici chiamati “brogliacci d’ascolto”, con reale rilevanza penale e probatoria.

Nelle intenzioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ci sarebbe infatti quella di fermare «la legge bavaglio voluta dal Pd per impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati o dei politici quando sono al telefono con persone indagate». Secondo il Guardasigilli questa legge fu «approvata in pieno caso Consip» e «ora abbiamo tolto le mani della vecchia politica dalle intercettazioni».

Tuttavia i dem non ci stanno e rispondono: «Ogni legge può cambiare se lo si ritiene opportuno, ma sarebbe l’ora di farla finita con gli slogan e la propaganda» dice la vicepresidente del Senato, Anna Russomando. Dal Pd ricordano anche che la riforma Orlando fu avviata il 23 dicembre del 2014, mentre il caso Consip scoppiò nel dicembre del 2016: non vi sarebbe dunque questa contemporaneità rivendicata da Bonafede.

Risponde anche l’ex segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, che si rivolge direttamente al Guardasigilli: «O Bonafede non ha capito niente o è in malafede». Quindi parla delle scuse di Gianpaolo Scafarto, il carabiniere che indagava sul caso Consip e adesso è assessore in una giunta di destra campana: «Mi ricorda Benigni in Johnny Stecchino quando chiede scusa al boss Cozzamara». Si aggiunge anche il dem Michele Anzaldi: «Bonafede straparla ed è molto nervoso perché oggi le uniche intercettazioni di cui si dovrebbe occupare sono quelle delle sue telefonate con l’avvocato Lanzalone».

Nel frattempo il senatore a cinque stelle Mario Giarrusso replica che «la riforma è tutta da cambiare perché è un obbrobrio che mette il bavaglio alla stampa e impedisce le indagini di magistrati». A sostenere l’iniziativa di congelare la riforma ci sono anche i magistrati dell’Anm, mentre la Federazione nazionale della stampa parla di «buona notizia» e l’Unione camere penali accusa il governo di non averla consultata. Lapidario il commento di Francesco Paolo Sisto, esperto di diritto e ora parlamentare per Forza Italia: «Bonafede cancella la privacy in nome del giustizialismo».

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