Giustizia Quotidiana

Prima udienza contro clan Spada, vittime e associazioni locali decidono di non costituirsi

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Si è tenuta ieri, come avevamo anticipato lunedì, la prima udienza del processo contro il clan Spada. Gli imputati si trovano smistati in vari carceri sul territorio nazionale, da Lecce a Tolmezzo passando per Terni, Voghera, Genova, Ancona e Taranto. Tuttavia – come raccontano Fulvio Fiano e Ilaria Sacchettoni questa mattina sul Corriere della Sera – il potere della famiglia sembra essere ancora fortemente radicato nel territorio. Considerazione che nasce dal fatto che alla prima udienza tenutasi ieri non si sono costituite parte civile né le vittime né le associazioni locali. 

Non è il primo processo che vede alla sbarra alcuni esponenti del clan, già processati individualmente e alcuni – come Roberto Spada – ancora sotto processo, quest’ultimo per la celebre testata al giornalista Rai. Tuttavia è il primo procedimento che riunisce tutti gli esponenti, ieri collegati telematicamente con l’aula bunker di Rebibbia. Gli imputati sono 24 e le accuse spaziano dall’omicidio all’estorsione, dall’usura al traffico di droga, all’intestazione fittizia di beni. Reati perpetrati tramite un controllo capillare del territorio con metodi che una parte della stampa, in una voce con l’accusa, definisce «mafiosi». Gli stessi metodi che, secondo i giornalisti del Corriere, avrebbero spinto una dozzina di vittime e le associazioni civiche locali a non costituirsi parte civile, pur avendone piena possibilità.

 

L’assenza è stata commentata durante l’udienza dai pm che seguono il caso, Ilaria Calò e Mario Palazzi, i quali hanno utilizzato questo esempio per evidenziare come a Ostia «permangono gravi problemi di sicurezza legati a un contesto criminale mai placato» e che «si rende indispensabile il regime di alta sorveglianza cui sono già sottoposti la maggior parte degli imputati», nel timore che un contatto fra di loro e fra loro e l’esterno potrebbe far sorgere gravi pericoli. 

 

Regge l’impianto accusatorio modellato sulle indagini della Dda, guidate dal capo Michele Prestipino. Anzi questo si rafforza dal momento che nonostante il clan sia stato disarticolato, smembrato e delocalizzato riesce ancora ad esercitare un’influenza sul territorio. Secondo i cronisti – inoltre – fra i dodici soggetti che non si sono presentati a costituirsi parte civile le ragioni di questa assenza sono diverse. Alcuni infatti sono indagati per favoreggiamento per le dichiarazioni rese negli interrogatori, chiusi per manifesta reticenza. La vedova del capoclan rivale degli Spada, Baficchio, ha scelto il silenzio forse in coerenza con le regole della criminalità organizzata. I rimanenti verranno chiamati a testimoniare, i loro nomi sono infatti nella lista di testi che i pm introdurranno nel processo: saranno circa 40, fra collaboratori di giustizia, ex membri del clan, tutti sotto protezione.

 

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