Giustizia Quotidiana

Racanelli (MI): Applicazione delle leggi. Stop allo scaricabarile sulla magistratura

racanelli
Scritto da vocealta

racanelli*di Antonello Racanelli

 

Ancora una volta si discute del rapporto giustizia-economia. L’intervento sul Corriere della Sera del vice-presidente del Csm Giovanni Legnini rappresenta l’occasione per qualche osservazione sull’argomento.Il titolo dell’articolo, sicuramente non riferibile all’autore, “Giustizia e Imprese. Le toghe valutino gli effetti delle scelte” desta qualche perplessità. I giudici sono chiamati ad applicare le leggi: ad altri spetta prevedere e valutare le conseguenze delle scelte normative. Da anni viviamo una situazione nella quale la magistratura è chiamata, direi costretta, a svolgere un ruolo di supplenza rispetto all’inerzia del legislatore che, consapevolmente o meno, evita di intervenire in determinati settori, nonostante alcuni reiterati inviti della Corte Costituzionale. In uno Stato di diritto, quale il nostro, non è corretto delegare scelte ai magistrati, ai quali, come recentemente testimoniato anche da alcune note vicende, viene impropriamente delegata anche la selezione della classe politica dirigente, che dovrebbe spettare ai partiti. Le recenti vicende Ilva e Fincantieri indubbiamente testimoniano un problema, ma ritengo sia necessario ribadire che i magistrati applicano la legge (saranno poi i vari gradi di giudizio a stabilire se l’applicazione nei singoli casi sia stata corretta): non possiamo chiedere ai magistrati di fare scelte che, nel tentativo di risolvere problemi anche reali e rilevanti, prescindano dall’applicazione della normativa vigente, nel rispetto dei valori costituzionali.

Se si ritiene di voler modificare l’assetto normativo vigente, lo si deve fare solo ed esclusivamente attraverso l’intervento legislativo, ovviamente sempre nel rispetto dei valori costituzionali. Anche le scelte di bilanciamento tra valori eventualmente in conflitto non spettano alla magistratura, ma al potere politico che deve assumersi le sue responsabilità delle quali risponderà poi in sede elettorale.

È pericolosa, come avevamo sottolineato nel precedente post su Huffington Post, la trasformazione del giudice, utilizzando un’espressione formulata dal professor Fiandaca, da “pianista-interprete” che esegue trame normative intessute dal legislatore in “compositore” in proprio. Così come considero pericolosa l’immagine del giudice “in sintonia con le aspettative del Paese e dei cittadini”: sono le scelte legislative che devono farsi carico delle sensibilità prevalenti nel Paese.

I giudici dovranno limitarsi ad applicare nei casi concreti quelle scelte, ovviamente con competenza professionale e con responsabilità e quindi con motivazioni adeguate a consentire un controllo, anche dell’opinione pubblica, sulle decisioni, nonché una verifica della loro giustezza nelle sedi processuali competenti. La motivazione è lo strumento attraverso il quale e solo attraverso il quale il giudice rende conto della sua decisione ed appare ovvio ritenere che, nei casi più delicati, nei quali valori ugualmente meritevoli di tutela vengano in conflitto, la motivazione consentirà di ricostruire l’iter logico-giuridico attraverso il quale il giudice, nell’applicare in concreto la norma posta dal legislatore, è arrivato ad una certa decisione.

*Pubblico ministero presso la Procura di Roma – Segretario generale di Magistratura Indipendente

Questo testo è stato originariamente pubblicato sul blog di Magistratura Indipendente sul sito dell’Huffington Post

Riguardo l'autore

vocealta