Giustizia Quotidiana

Giustizia, politica e Pdl

giustizia
Scritto da vocealta

giustiziaTra le tante cause dei risultati delle elezioni amministrative e dei referendum, decisamente pesanti per l’attuale maggioranza, molti osservatori hanno puntato l’indice sull’insistenza nel trattare i temi della giustizia, giudicata eccessiva e troppo personalistica, di rimbalzo alle vicende processuali del premier. Si è, in sostanza, ritenuto che da un lato le accuse alla magistratura, dall’altro il pressing sulle riforme dell’ordinamento giudiziario e del processo penale (ritenuto come una spia della voluntas puniendi nei riguardi delle toghe), abbiano sconcertato diversi elettori del centrodestra, i quali si aspettavano di sentir parlare dell’amministrazione delle loro città, o delle ragioni per votare sì o no sui quesiti referendari, e non avrebbero visto di buon occhio la riproposizione in campagna elettorale di temi sulla giustizia che dovevano rimanerle estranei.

Peraltro, è pur vero che uno dei referendum era dedicato a ciò che rimaneva del legittimo impedimento (dopo il taglia e cuci della Consulta); ma, anche a quel quesito, gli italiani hanno dato –piaccia o no- una risposta inequivocabile.

Sia pure con qualche cautela, anche tra gli esponenti della Lega Nord –principale alleato del Pdl- si annotano prese di distanza dall’insistere su tematiche (come, appunto, la riforma della giustizia nei termini in cui è stata prospettata) che farebbero ormai poca presa sull’elettorato e susciterebbero reazioni insospettite, quando non francamente ostili, nell’opinione pubblica.

Non è dato sapere in quale misura sia diffusa questa larvata “critica interna” alle scelte elettorali del governo. Ma, certamente, la radicalizzazione dello scontro istituzionale, su cui alcuni esponenti dell’attuale maggioranza hanno spesso dato l’impressione di insistere, non si è rivelata una scelta azzeccata. E questo non perchè la giustizia non sia un tema importante, importantissimo, anzi un’emergenza nazionale; ma perché è un tema che è stato affrontato nel modo sbagliato e, a giudizio di molti, in modo strumentale.

Voltata la pagina delle due tornate elettorali, archiviata la sconfitta, il centrodestra ha già iniziato una profonda riflessione al suo interno. È giusto che ciò venga fatto, fra le tante tematiche in agenda,

anche con riferimento alle riforme in tema di giustizia; e sarebbe necessario che si avvii una riflessione su come sarebbe corretto trattare questo tema in modo consono alle reali esigenze ed emergenze.

Anzi, sarebbe forse il momento giusto per accantonare i toni bellicosi, per non dare più l’impressione di brandire la riforma dell’ordinamento giudiziario come una minaccia, e per affrontare finalmente gli enormi problemi della giustizia in modo concreto, per quello che realmente sono; sarebbe vincente, oltreché un buon segnale, la scelta di individuare le questioni che è davvero urgente affrontare (l’eccessivo numero di processi, le scoperture negli organici delle procure, l’inadeguatezza di troppe norme processuali, la necessità di estendere le forme di definizione anticipata nelle controversie civili e nei procedimenti penali, la farraginosità del sistema delle notificazioni, la redistribuzione sul territorio di organici e uffici, la predisposizione di mezzi e supporti informatici adeguati, i fondi per gli straordinari del personale di cancelleria) e che è possibile risolvere, almeno in parte, in tempi sufficientemente rapidi, aprendo un tavolo di discussione ed elaborazione anche con le categorie interessate (magistrati e avvocati in primo luogo) e cercando per quanto possibile riforme condivise.

L’urgenza e la gravità dei problemi della giustizia meritano soluzioni basate sulla realtà, su dati concreti, sulla conoscenza dell’esperienza giudiziaria e quindi – pur nel mantenimento delle prerogative della politica – sul contributo tecnico degli operatori del diritto; solo così è possibile, da un lato, mostrare di avere davvero a cuore nei fatti il salvataggio del pianeta giustizia nell’interesse dei cittadini; dall’altro, dimostrare per fatti concludenti che la “frustata” o la “sberla” di cui qualcuno ha parlato ha avuto effetti benefici; e dall’altro ancora, porre le premesse per la successiva adozione, in un quadro di equilibrio fra i poteri, di riforme di più ampio respiro che investano l’ordinamento giudiziario e che coniughino le istanze, diverse ma non inconciliabili, di efficienza e giustizia.

* Magistrato

Riguardo l'autore

vocealta