Ambiente

Microplastiche nelle nostre spiagge: fino a duemila tonnellate

Scritto da administrator

Una ricerca del dipartimento di chimica dell’Università di Pisa ha analizzato alcuni campioni di sabbia prelevati attorno alle foci dell’Arno e del Serchio. I risultati dello studio lanciano un serio allarme riguardo alle nostre spiagge: potrebbero essere invase dalle microplastiche, fino a duemila tonnellate. Nei campioni analizzati dai ricercatori – infatti – sono state trovate grandi quantità di polimeri, fino a 5-10 grammi per metro quadrato. Rifiuti plastici che derivano da imballaggi e da oggetti monouso, portati poi a riva dal mare. Le particelle sono molto piccole, rendendo così l’inquinamento da esse prodotto quasi invisibile ma altamente pervasivo.

La ricerca è stata coordinata da Valter Castelvetro e pubblicata sulla rivista “Environmental Science and Technology” dell’American Chemical Society, tra le più autorevoli nel settore tecnologico-ambientale. Gli scienziati spiegano che «si tratta prevalentemente di poliolefine, di cui sono fatti gran parte degli imballaggi alimentari, e di polistirene, una plastica rigida ed economica usata anche per i contenitori dei cd o i rasoi usa e getta». Secondo Castelvetro, poi il rischio più grande è che queste «microplastiche agiscano da collettori di sostanze inquinanti anche altamente tossiche come pesticidi e idrocarburi policiclici aromatici». 

Con questo studio i ricercatori hanno anche cercato di ricostruire un modello relativo alla distribuzione dei vari tipi di microplastiche sulle spiagge del nostro Paese. «È importante – continua infatti Castelvetro – sensibilizzare il mondo scientifico e istituzionale anche internazionale verso il problema delle microplastiche che sebbene potenzialmente di grande impatto è stato finora poco compreso».

Secondo l’Università di Pisa, inoltre, la gestione di questo tipo di inquinamento non è mai stata adeguata né soddisfacente, fermandosi a campagne di raccolta e conta dei frammenti cui però mai è seguita una reale identificazione degli stessi. Utilizzando la cosiddetta “manta”, infatti, un retino a maglia fine trainato dalle imbarcazioni, si raccolgono i frammenti di dimensioni maggiori ai 2 millimetri. 

La ricerca, realizzata con i fondi di Ateneo, ha coinvolto oltre a Castelvetro anche i professori Alessio Ceccarini e Francesca Modugno, oltre che la dottoressa Tarita Biver, tra il personale docente. Fra i tecnici di ricerca, invece, i dottori Andrea Corti, Sabrina Bianchi, Antonella Manariti e Rita Carosi hanno contribuito allo studio, insieme a un’assegnista di ricerca, il dottor Jacopo La Nasa, e una laureanda del dipartimento, Virginia Vinciguerra.

Riguardo l'autore

administrator