Salute

CAR-T, la nuova speranza nella lotta contro i tumori

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Si accende una nuova speranza nella lotta contro le patologie oncologiche: CAR-T, la prima terapia cellulare per tumori, arriva in Europa. L’Agenzia europea per i medicinali ha infatti approvato la vendita dei primi due farmaci basati sulla modifica genetica delle cellule T nei pazienti ammalati. Si tratta del tisagenlecleucel, con lo scopo di curare la leucemia linfoblastica acuta a cellule B e il linfoma diffuso a grandi cellule B, e del axicabtagene ciloleucel, che curerà il linfoma diffuso a grandi cellule B e il linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B.

La nuova tecnologia si avvale di un recettore chimerico dell’antigene (in inglese Chimeric Antigen Receptor, da qui l’acronimo CAR), una proteina ibrida creata in laboratorio capace di riconoscere il tumore e attivare il linfocita T, colonna portante del nostro sistema immunitario. I globuli bianchi del paziente vengono isolati, quindi vengono selezionati i linfociti T e tramite un vettore virale inattivo vi si innesta il frammento genetico contenente le informazioni per creare la CAR, cosicché i linfociti possano autonomamente esprimerla. Le cellule T vengono dunque moltiplicate e reinserite nell’organismo del paziente.

«Da questo momento, i farmaci sono resi disponibili ai cittadini europei e gli enti regolatori, l'Aifa in Italia, dovranno negoziarne il costo, come avviene per qualunque altro medicinale» spiega Paolo Corradini, professore di Ematologia all'Università di Milano e presidente della Società italiana di Ematologia (Sie). «Il problema nuovo è che essendo la prima terapia cellulare antitumorale al mondo, l'Aifa dovrà fare un percorso per capire quali sono i centri in grado di fare una terapia così complessa e costosa, che ha delle caratteristiche uniche. Bisogna creare un modello nuovo e servono persone molto competenti, che conoscano la materia. Mario Melazzini, che sarà direttore generale Aifa ancora per poco purtroppo, – continua il professore – è un medico, una persona molto competente nei tumori ematologici e ha la sensibilità per capire il valore delle terapie CAR-T. C'è da sperare che chi lo sostituirà sarà in grado di capire che questa è una terapia importante e che non si cominci una negoziazione senza fine. Nel frattempo, – conclude Corradini – possiamo sperare che le due aziende coinvolte facciano partire dei programmi di accesso gratuiti, cosiddetti compassionevoli, che vadano a coprire questo periodo di attesa».

Le procedure non saranno semplici: «Come presidente Sie – spiega Corradini – mi sono confrontato molte volte con Aifa per lavorare a un documento tecnico sulle caratteristiche che dovrebbero possedere i centri abilitati e su come questi dovrebbero essere distribuiti sul territorio. Fondamentale saranno la capacità di selezionare i pazienti eleggibili e di gestire le tossicità. Abbiamo lavorato anche insieme al presidente della Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica e Gruppo Italiano per il Trapianto del Midollo Osseo per stabilire criteri condivisi da suggerire ad Aifa. Le difficoltà più grandi si pongono per il trattamento dei linfomi diffusi a grandi cellule B negli adulti, mentre i bambini con leucemia linfoblastica a cellule B rappresentano una casistica molto più piccola: parliamo di 6-700 adulti candidabili a CAR-T secondo le attuali indicazioni e di circa 80 bambini».

Per le sperimentazioni, invece, il quadro rimane uguale. In Italia ci sono già tre centri che si stanno occupando di studi clinici: l'Istituto nazionale dei tumori di Milano con il gruppo di Corradini, la Clinica Pediatrica dell’Università di Milano-Bicocca Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (Mbbm) dell'Ospedale San Gerardo di Monza con il team di Andrea Biondi, e il centro di Oncoemtologia diretto da Franco Locatelli presso l'Ospedale Bambino Gesù di Roma.

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