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Caro Alfie, non sei ancora arrivato in Italia e già ti strumentalizzano

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È il caso degli ultimi giorni. Il piccolo Alfie Evans è il bimbo di 23 mesi, affetto da una malattia sconosciuta, a cui il giudice inglese ha imposto lo stop delle cure per accanimento terapeutico. Da mesi i suoi genitori, Thomas e Kate Evans, hanno avviato una battaglia, legale e mediatica, per proteggere la vita del piccolo di Liverpool.

Dalla serata di ieri sono stati staccati i macchinari al bambino ma, contrariamente alle aspettative dei medici, il bambino non ha smesso di vivere. Per ora gli sono stati garantiti il respiratore e l’acqua, ma la battaglia è ancora lunga.

Su proposta dei ministri dell’Interno e degli Esteri italianiMarco Minniti e Angelino Alfano, è stato deciso di concedere la cittadinanza italiana al piccolo suddito di sua maestà per cercare di farlo arrivare in Italia dove l’ospedale Bambin Gesù di Roma si è detto disponibile a fornirgli le cure necessarie per mantenerlo in vita.

Il caso ha generato un’ondata di opinione che, molto superficialmente, sta utilizzando la vicenda per riportare in voga la mancanza di una legge sullo ius soli in Italia, storpiando la reale portata del caso. Andrea Zambrano centra molto bene il problema della vicenda su “La Bussola Quotidiana”.

‹‹Alfie ancora non lo sa, ma il Paese che per grazia divina e politica potrebbe salvarlo dal boia della sua patria è capace di dividersi anche sulla sacralità della vita che nella stanza dell’Alder Hey hospital si sta mostrando al mondo come un ostensorio vivente››, scrive Zambrano nell’apertura del suo intervento.

Una parte conformista e opportunista della stampa italiana attacca apertamente la decisione dei due ministri di concedere la cittadinanza italiana al piccolo Alfie, senza comprendere che si tratta di un’opera umanitaria, e non un metro di paragone con lo ius soli o l’accoglienza ai migranti economici. Bisogna ricordare la differenza abissale tra le vicende, visto che il piccolo Alfie è prigioniero del suo stesso stato che ha deciso di lasciarlo morire di fame, sete e soffocamento, senza dare una vera motivazione riguardo a ciò di cui è affetto.

Tra questi emerge il commento sprezzante di Michela Marzano che su “Repubblica” scrive di “pasticcio all’italiana” ritenendo ‹‹incomprensibile che si pensi di far venire (in Italia ndr) un bambino che dipende solo dall’accanimento terapeutico››. Evidentemente la giornalista non sa, o fa finta di non sapere, che il piccolo respira autonomamente anche dopo il distacco dei tubicini per l’ossigeno.

Così come i cronisti di “Repubblica” non sanno che quella che loro chiamano Armata Brancaleone è attiva da mesi al fianco dei genitori di Alfie e che quello che sta accadendo è un inno alla vita e non una strumentalizzazione della morte a fini politici.

Non è esente dalla strumentalizzazione l’ambiente cattolico, che, attraverso blog vaticani vicini alla santa sede, criticano la scelta in extremis dei due ministri, ponendo l’accento sull’incapacità di accordarsi sullo ius soli.

Tuttavia, una nuova e positiva sensibilità sulla vicenda sembra aver trovato spazio nelle ultime ore. A conferma di ciò, è significativo che i giudici britannici abbiano indetto una nuova udienza per ascoltare nuovamente genitori e medici e, magari, riesaminare la questione.

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